VULVODINIA – La miglior cura è la conoscenza

Una patologia piuttosto frequente ma ancora in parte misconosciuta e che pochi medici sanno riconoscere e curare. Partiamo da qui!

La vulvodinia e la neuropatia del pudendo sono due condizioni complesse che entrano sotto il termine ombrello “dolore pelvico cronico”. Purtroppo, queste patologie sono spesso sottostimate e poco conosciute nel campo medico, causando un ritardo medio nella diagnosi di circa 4 anni e mezzo. Il ritardo diagnostico porta i e le pazienti ad un “pellegrinaggio” tra vari professionisti che, a causa della scarsa formazione – e quindi preparazione – tendono spesso a peggiorare la situazione anziché migliorarla. Inoltre, la mancanza di conoscenza o la difficoltà nel trattare queste patologie spinge talvolta i professionisti a trattamenti errati oppure ad etichettare erroneamente i/le pazienti come “malati/e immaginari/e”, attribuendo il loro dolore a problemi puramente psicologici (“è tutto nella tua testa, rilassati e tutto passerà”).

Per questo motivo, è importante iniziare con il definire meglio la differenza tra la neuropatia del pudendo e la vulvodinia. Successivamente, esamineremo i potenziali processi fisiopatologici comprendendo così come solo con un approccio integrato multidisciplinare sia possibile affrontare i molteplici meccanismi che rivestono un ruolo nello sviluppo e nella persistenza della vulvodinia e della neuropatia del pudendo.

LA NEUROPATIA DEL PUDENDO


La neuropatia del pudendo (NP), che può colpire entrambi i sessi, è una delle cause di sindrome del dolore pelvico cronico dovuta al danno o all’irritazione del nervo pudendo. Si tratta di un nervo misto con funzioni sensoriali, motorie e autonomiche; pertanto, l’infiammazione o la lesione del nervo può anche provocare disfunzioni della vescica, dell’intestino, sessuali e autonomiche.

La nevralgia del pudendo è causata principalmente da microtraumi cumulativi e ripetitivi al nervo. Le cause comuni includono posizioni sedentarie prolungate, flessione ripetitiva dell’anca, dimagrimento rapido con perdita di massa muscolare, traumi diretti come cadute e interventi chirurgici pelvici, e radioterapia.

Nel sesso maschile purtroppo la nevralgia del pudendo (NP) viene spesso erroneamente diagnosticata come prostatite. Per evitare che ciò accada sono stati creati i criteri di Nantes che costituiscono attualmente un quadro chiaro e standardizzato per la valutazione clinica della neuropatia del pudendo, consentendo una distinzione accurata di questa condizione da altre cause di dolore pelvico cronico.

LA VULVODINIA


La vulvodinia è una condizione medica caratterizzata da dolore cronico o disagio nella regione vulvare senza una causa specifica identificabile e dove il dolore, della durata di almeno 3 mesi, non presenta elementi clinici evidenziabili ma nella quale sono presenti fattori potenzialmente associati.

La vulvodinia si definisce generalizzata quando la condizione coinvolge tutta la vulva, mentre si parla di vulvodinia localizzata quando la condizione coinvolge solo alcune zone; solitamente la zona interessata è il vestibolo (il territorio compreso tra le piccole labbra) e in questo caso si parla di vestibolodinia, che risulta la forma più diffusa e frequente.

La vulvodinia viene descritta come un disagio, un bruciore in area vulvare e può essere spontanea quando il dolore o il bruciore vengono avvertiti spontaneamente oppure provocata quando è conseguente ad un contatto fisico (come nel caso di indumenti stretti, assorbente, accavallando le gambe, andando in bicicletta, speculum ginecologico). Spesso le due forme, spontanea e provocata, coesistono.

Il picco d’incidenza è tra i 20 ei 40 anni e si stima che colpisca circa il 12-15% delle donne in età fertile, con una varietà nel grado di gravità. I sintomi più comuni includono prurito, bruciore (anche dopo la minzione), sensazione di punture di spillo, gonfiore delle labbra, perdite vaginali abbondanti, sensazione di abrasioni, scariche elettriche, disturbi urinari. Nei casi più gravi, le pazienti possono sperimentare difficoltà nel sedersi e camminare, con sollievo solo in posizione supina, a gambe divaricate e senza indossare biancheria intima.

Per queste donne i rapporti sessuali penetrativi sono dolorosi, solitamente proprio all’ingresso (vestibolo), spesso diventano impossibili e la sensazione di dolore nella zona interessata può continuare per ore o giorni dopo il rapporto.

Questo tipo di dolore pelvico persistente porta nella maggior parte dei casi ad una “overactive pelvic floor muscles” (spesso semplificato in “ipertono del pavimento pelvico”) ovvero ad un aumento dell’attività contrattile in cui la muscolatura presenta un aumento del tono e incapacità/difficoltà al rilassamento. Per questo motivo gioca un ruolo importante nel trattamento di queste patologie il trattamento ostetrico / fisioterapico che attraverso diverse strategie – come la rieducazione muscolare, gli esercizi di rilassamento, la terapia manuale e la stimolazione dei trigger point – lavora per ripristinare un equilibrio muscolare adeguato nella zona pelvica, riducendo l’eccessiva contrattilità e la tensione muscolare.

La diagnosi della vulvodinia si basa esclusivamente sull’anamnesi, sui sintomi riportati e sull’esame obiettivo, indirizzato alla ricerca della ipersensibilità vulvare e all’eventuale presenza di ipertono dei muscoli pelvici tramite digito-pressione. In particolare, l’ipersensibilità vulvare si elicita tramite lo Swab Test, con il quale il medico specialista, ricerca punti dolorabili con uno stimolo che normalmente sarebbe innocuo (allodinia). I sintomi riferiti durante lo Swab-Test vanno dal prurito, alla puntura di spillo, al bruciore intenso, fino al dolore urente.

I fattori che contribuiscono allo sviluppo della vulvodinia possono essere vari da cadute sul coccige, interventi chirurgici pelvici, parti complicati, cistiti e vaginiti ricorrenti, abuso di alcuni antibiotici e antimicotici locali, stipsi ostinata o sindrome del colon irritabile, attività fisica intensa e cause ormonali.

Una volta che la patologia si è instaurata i sintomi che manifesta spesso assomigliano a quelli di cistiti batteriche e vulvovaginiti micotiche, portando frequentemente a un errato trattamento con antibiotici e antimicotici, aggravando ulteriormente la sintomatologia.

IL VuNet, STUDIO EPIDEMIOLOGICO MULTICENTRICO


Un ampio studio epidemiologico multicentrico, denominato progetto VuNet (Graziottin et al., 2020) che ha coinvolto 21 sedi dislocate sul territorio nazionale e 1183 donne con dolore vulvare persistente, ha consentito di creare dei cluster basati sui principali processi fisiopatologici e sulle caratteristiche cliniche della malattia, permettendo così di indirizzare il percorso di cura in modo più mirato.

I cluster evidenziati sono stati 5: ormonale, vescicale, psico-sessuale, intestinale ed infettivo.

Questo studio ha mostrato che il 94,7% delle donne reclutate aveva una comorbidità che coinvolgeva l’intestino, come sindrome dell’intestino irritabile, stipsi, dolori addominali e allergie alimentari. Inoltre, ha messo in luce la chiara associazione tra infezioni ricorrenti da candida vulvovaginale, infezioni urinarie ricorrenti e vulvodinia.

Questo porterebbe ad ipotizzare che dopo un’iniziale problema vulvovaginale come un’infezione trattata nella maniera sbagliata, un individuo che presenta un’infiammazione sistemica di basso grado (“low grade inflammation”) anche in assenza di lesioni evidenti può rispondere in maniera anomala con la produzione aberrante di sostanze infiammatorie, che possono aumentare la sensibilità dei nervi e provocare un’iperattività del sistema immunitario locale nell’area vulvare, causando dolore e sintomi associati alla vulvodinia.

La vulvodinia è infatti spesso associata ad altre sindromi di dolore somatico come la fibromialgia, l’endometriosi, la sindrome della vescica dolorosa che sono condizioni che condividono diverse caratteristiche comuni, tra cui un’alterazione del sistema immunitario.

VULVODINIA: L’IMPORTANZA DI NUTRIRE IL MICROBIOTA


Un ruolo importante nella prevenzione e protezione delle candidosi e cistiti ricorrenti è sicuramente svolto dal microbiota, che fornisce una difesa naturale contro la proliferazione e l’eccessiva adesione della candida, nonché contro agenti patogeni intestinali che possono causare infezioni del tratto urinario. Questi patogeni utilizzano la via fecale-perineale-uretrale come percorso di infezione, sfruttando eventuali compromissioni della barriera intestinale – leaky gut syndrome – dovuta a disbiosi.

Sempre più studi ormai confermano come il microbiota svolga un ruolo cruciale nel mantenimento della barriera intestinale e nella modulazione del sistema immunitario, ciò è facilmente comprensibile dato che più del 70% delle nostre cellule immunitarie risiedono nella mucosa intestinale. Inoltre, il microbiota aiuta a mantenere un equilibrio tra le risposte immunitarie pro e anti-infiammatorie.  Questa interazione è essenziale per mantenere una tolleranza immunitaria verso il microbiota stesso e per rispondere in modo adeguato alle minacce esterne.

Il parametro, ad oggi, più accreditato che ci racconta della salute del nostro microbiota è sicuramente la biodiversità Alfa, indice utilizzato per descrivere la diversità e la ricchezza del microbiota interna al soggetto. Un microbiota intestinale diversificato e ricco di specie microbiche è generalmente considerato un segno di buona salute ed è associato ad una migliore funzione immunitaria ed a una ridotta infiammazione sistemica.

La biodiversità del microbiota può essere influenzata in maniera sia positiva che negativa da diversi fattori, come la dieta, lo stile di vita, l’uso di antibiotici, lo stress e l’ambiente circostante. In presenza di candida e cistiti ricorrenti, la prescrizione continua di antibiotici e antimicotici non fa altro che causare uno squilibrio o una diminuzione della biodiversità microbica.

L’uso prolungato di antibiotici provoca una riduzione della biodiversità del microbiota che, in alcuni casi, può richiedere anche fino a 2 anni per tornare a un livello simile a quello di partenza, sebbene non raggiungerà mai l’identica composizione precedente. Inoltre, gli antibiotici causano una modifica della composizione microbica a livello tassonomico, con un aumento dei phylum responsabili dei meccanismi infiammatori LPS – mediati, dell’endotossemia e della traslocazione batterica, aumentando così non solo il rischio di recidive di candide e cistiti batteriche, ma creando un microbiota più predisposto a patologie infiammatorie sistemiche.

È quindi di fondamentale importanza adottare approcci integrati e stili di vita che favoriscano l’ottimizzazione e il rafforzamento della salute del microbiota. Ciò può essere conseguito attraverso l’implementazione di una varietà di strategie nutrizionali e l’utilizzo mirato di integratori specifici, riducendo così al minimo la necessità di ricorrere a farmaci non sempre indispensabili.

VULVODINIA: L’APPROCCIO INTEGRATO È FONDAMENTALE


La vulvodinia e la neuropatia del pudendo sono caratterizzate da dolore cronico definito nocicettivo legato alla attivazione fisiologica dei recettori in presenza di un sistema nervoso intatto. Il dolore è un fenomeno percettivo complesso in cui pensieri ed emozioni influenzano la nocicezione; stress, umore depresso, sintomi post traumatici possono avere come correlato fisico un’iperattività muscolare, dando luogo a un ciclo di ipertono – dolore – ipertono che cronicizza il quadro clinico.  Diventa sempre più chiaro come sia necessario un approccio integrato che coinvolga l’unità mente-corpo e che preveda un percorso psicoterapeutico e sessuologo mirato alla gestione dei fattori psicologici primari e secondari della vulvodinia e neuropatia del pudendo che possono aver contribuito all’esordio e al mantenimento della patologia.

Questo articolo ha voluto mettere in luce quanto sia complicato capire le cause del dolore vulvare, che dipendono da diversi fattori che possono predisporre, scatenare o mantenere il problema. Quindi, non esiste un unico protocollo di trattamento che possa essere applicato a tutti i casi e non si può adottare un approccio generico perché non risolverebbe le diverse cause e comorbilità associate a ogni tipo di dolore.

Per questo il dolore pelvico richiede senza dubbio, sin dalla fase diagnostica, un approccio multidisciplinare da parte di vari professionisti del settore sanitario: il medico curante in primis, il neuro-urologo, il neurologo, il ginecologo, il fisioterapista, le ostetriche, lo psicologo, il nutrizionista. Questo approccio integrato comporta un maggior numero di visite, terapie fisiche, farmacologiche e numerosi integrazioni di supporto. Il tutto si traduce in una spesa a carico del/ la paziente gravosa, sia in termini economici che di ore di lavoro perse, e di difficoltà a portare avanti le normali attività quotidiane. Il collo di bottiglia nell’accesso alle cure non è solo dovuto ai costi, ma anche al rapporto, decisamente sfavorevole, tra prevalenza della patologia e personale sanitario formato.

La vulvodinia è un problema sociale e grazie al lavoro portato avanti dalle varie associazioni di pazienti si è riusciti a fondare gruppi di sostegno, ricerca, formazione e informazione che hanno permesso a tante donne o uomini di ottenere elementi necessari per accedere alla diagnosi corretta o per sapere a quale specialista rivolgersi, purtroppo spesso, ciò avviene attraverso internet.

Ci auguriamo che queste patologie vengano riconosciute sempre più frequentemente nella maniera corretta, riducendo così i trattamenti errati e la conseguente esacerbazione della malattia.